Mosaico
Il Rituale del Cibo
In un’epoca dove appiattimento e globalizzazione sono termini ampiamente abusati, la cultura resta il veicolo di maggior efficacia per la comprensione di ciò che ci circonda, un’ancoraalla quale aggrapparsi per cercare di risalire in superficie.Quando si parla di cultura non bisogna intendere solamente untipo di sapere intellettuale, bensì sarebbe più correttoestenderne il significato a tutto quell’insieme di conoscenze e pratiche ritenute fondamentali e che vengono tramandate digenerazione in generazione.Secondo l’antropologo Claude Lévi-Strauss la cultura coincide,come afferma ne “Il cotto e il crudo”, con la cottura del cibo,con i diversi tipi di dieta, con la nascita delle diverse ritualità.A conferma di ciò che afferma Lévi-Strauss è possibile citareDante che nella sua opera enciclopedica intitolata “Convivio”,intende apparecchiare un “banchetto del sapere”; il momentodell’assunzione del cibo diviene quindi, oltre che rituale, ancheoccasione di scambio, di socializzazione e aggregazione pertutti coloro i quali parteciperanno alla conversazione; attori diun meccanismo che comporta il riunirsi attorno ad un altare sulquale offrire in sacrificio il frutto del proprio lavoro ed il semedella propria conoscenza.E’ pratica comune del nostro tempo pensare al cibo comechiave di accesso per leggere porzioni di culture altre. In realtàè proprio in questa semplificazione che si nasconde l’insidiadella banalità, dell’ovvietà, di quella che alcuni pedagogistihanno definito come “pedagogia del cuscus”, definizione diorigine francese, ma utilizzata anche in territorio anglosassone riguardo alla facilità con cui viene utilizzato il cibo; con questateoria si mette in discussione la convenzione (e convinzione)secondo cui, mediante questo strumento, sia effettivamentepossibile conoscere le differenze culturali e le modalità ritualiproprie di Paesi diversi rispetto a quello di appartenenza. Ilpericolo vero e reale è quello di scadere nel folclore più superficialee deteriore. A questo punto la domanda che sorge spontaneaè: come si può evitare tutto questo?Un prima maniera potrebbe essere quella di utilizzare, assiemeal linguaggio del cibo, tanti altri linguaggi palesemente diversitra loro: con il cibo abbiamo detto, è come se si assaggiasseletteralmente un’altra cultura, ma questa è un’operazionetroppo facile, poco impegnativa; è molto più compromettente,anche dal punto di vista simbolico, avvicinarsi ad una realtàdiversa dalla propria, utilizzando altre chiavi come possonoessere la musica, il cinema o la letteratura, in modo dacompiere comunque degli assaggi, ma sicuramente piùimpegnativi di quanto non lo sia l’assunzione del cibo,occasione d’incontro senz’altro, ma anche situazione nellaquale si sprecano stereotipi e luoghi comuni. In quella che èstata definita per l’appunto “pedagogia del cuscus”, ritroviamoun atteggiamento statico, con il quale si attribuisce ad undeterminato cibo l’identità di un Paese, come se fosseun’etichetta inamovibile, laddove i cibi sono fluttuanti, siintrecciano, viaggiano, si spostano lungo percorsi reali oimmaginari, compiendo un viaggio che permette di leggere iPaesi toccati, le loro economie, i loro rapporti reciproci.Un’altra via possibile è quella dei detti popolari e di indovinellilocali che contengono tracce di cibo e che sfociano poi in unacomponente ludica e meravigliosa.
Il Progetto
Da questi ragionamenti nasce il tavolo “Mosaico”.Prima di entrare nello specifico con i dettagli delprogetto ci sembra doveroso fare una premessa,ovvero chiarire il punto di partenza delle nostreriflessioni, la domanda fondamentale, quasi esistenzialeche ci siamo posti prima di immergerci nellaprogettazione di un oggetto significante capace dirispondere adeguatamente a ciò che volevamoesprimere con il nostro lavoro: vale la pensa progettarel’ennesimo tavolo? Ce n’è veramente bisogno?La risposta più ovvia sembra essere no, il mercato èsaturo di prodotti, ma l’oggetto tavolo era quelloche più rispondeva alle esigenze nostre e a quelleche abbiamo individuato; prima fra tuttel’importanza del momento della convivialitànell’affermazione dell’identità dell’individuoall’interno di un sistema di più ampio respiro, quindila centralità del concetto di differenza culturale.Dall’analisi dei concetti presentati in precedenzaabbiamo deciso di intraprendere una strada che ciportasse a lavorare su più livelli, strati di una societàsempre più bidimensionale, sempre più piatta,asettica e conformista. Il passo successivo è statoquello di individuare le chiavi di lettura da svilupparearrivando a definirne tre: l’introspezione, l’unione ela condivisione. Questi tre concetti, forse dei possibilivalori da far emergere ci sono sembrati decisamenteadatti a trattare un argomento delicato comeè quello della convivialità nella società contemporaneafatta di unioni virtuali e, anche se può sembrareun paradosso, fortemente visive ma sentimentalmentelacunose. Partendo dall’introspezione quindi,il guardarsi all’interno, introdurre delle riflessioni,cibo per l’anima, momento fondamentale, intimo esacrale se si considera che l’atto del mangiare è unodei pochi che ci consente di entrare fisicamente incontatto con la parte interiore del nostro corpo, diintrodurvi qualcosa di esterno; motivo per cui il farsiimboccare soprattutto con le mani rivela una forteconnotazione erotica. L’unione ha tantissimirapporti con il cibo, dal ri-unirsi attorno ad un tavolocon la famiglia durante le feste, al sacramentodell’eucarestia, com-unione. La condivisione è ilpassaggio conseguente più ovvio, ci si passa il cibodurante un banchetto, lo si condivide con chi ne hameno, ma si condividono anche ricette e gustipersonali.Dal punto di vista tecnico il fine che si è perseguito èstato quello di cercare soluzioni che prevedessero unassemblaggio ad incastro senza utilizzare partimetalliche. L’aspetto finale è variegato sia per lediverse essenze di legno utilizzate che per la strutturasuperficiale.
Da questi ragionamenti nasce il tavolo “Mosaico”.Prima di entrare nello specifico con i dettagli delprogetto ci sembra doveroso fare una premessa,ovvero chiarire il punto di partenza delle nostreriflessioni, la domanda fondamentale, quasi esistenzialeche ci siamo posti prima di immergerci nellaprogettazione di un oggetto significante capace dirispondere adeguatamente a ciò che volevamoesprimere con il nostro lavoro: vale la pensa progettarel’ennesimo tavolo? Ce n’è veramente bisogno?La risposta più ovvia sembra essere no, il mercato èsaturo di prodotti, ma l’oggetto tavolo era quelloche più rispondeva alle esigenze nostre e a quelleche abbiamo individuato; prima fra tuttel’importanza del momento della convivialitànell’affermazione dell’identità dell’individuoall’interno di un sistema di più ampio respiro, quindila centralità del concetto di differenza culturale.Dall’analisi dei concetti presentati in precedenzaabbiamo deciso di intraprendere una strada che ciportasse a lavorare su più livelli, strati di una societàsempre più bidimensionale, sempre più piatta,asettica e conformista. Il passo successivo è statoquello di individuare le chiavi di lettura da svilupparearrivando a definirne tre: l’introspezione, l’unione ela condivisione. Questi tre concetti, forse dei possibilivalori da far emergere ci sono sembrati decisamenteadatti a trattare un argomento delicato comeè quello della convivialità nella società contemporaneafatta di unioni virtuali e, anche se può sembrareun paradosso, fortemente visive ma sentimentalmentelacunose. Partendo dall’introspezione quindi,il guardarsi all’interno, introdurre delle riflessioni,cibo per l’anima, momento fondamentale, intimo esacrale se si considera che l’atto del mangiare è unodei pochi che ci consente di entrare fisicamente incontatto con la parte interiore del nostro corpo, diintrodurvi qualcosa di esterno; motivo per cui il farsiimboccare soprattutto con le mani rivela una forteconnotazione erotica. L’unione ha tantissimirapporti con il cibo, dal ri-unirsi attorno ad un tavolocon la famiglia durante le feste, al sacramentodell’eucarestia, com-unione. La condivisione è ilpassaggio conseguente più ovvio, ci si passa il cibodurante un banchetto, lo si condivide con chi ne hameno, ma si condividono anche ricette e gustipersonali.Dal punto di vista tecnico il fine che si è perseguito èstato quello di cercare soluzioni che prevedessero unassemblaggio ad incastro senza utilizzare partimetalliche. L’aspetto finale è variegato sia per lediverse essenze di legno utilizzate che per la strutturasuperficiale.
Introspezione
Unione
Condivisione