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Mosaico | Concorso "Il Mobile Significante 2012"

Mosaico
Il Rituale del Cibo

In un’epoca dove appiattimento e globalizzazione sono termini ampiamente abusati, la cultura resta il veicolo di maggior efficacia per la comprensione di ciò che ci circonda, un’ancoraalla quale aggrapparsi per cercare di risalire in superficie.Quando si parla di cultura non bisogna intendere solamente untipo di sapere intellettuale, bensì sarebbe più correttoestenderne il significato a tutto quell’insieme di conoscenze e pratiche ritenute fondamentali e che vengono tramandate digenerazione in generazione.Secondo l’antropologo Claude Lévi-Strauss la cultura coincide,come afferma ne “Il cotto e il crudo”, con la cottura del cibo,con i diversi tipi di dieta, con la nascita delle diverse ritualità.A conferma di ciò che afferma Lévi-Strauss è possibile citareDante che nella sua opera enciclopedica intitolata “Convivio”,intende apparecchiare un “banchetto del sapere”; il momentodell’assunzione del cibo diviene quindi, oltre che rituale, ancheoccasione di scambio, di socializzazione e aggregazione pertutti coloro i quali parteciperanno alla conversazione; attori diun meccanismo che comporta il riunirsi attorno ad un altare sulquale offrire in sacrificio il frutto del proprio lavoro ed il semedella propria conoscenza.E’ pratica comune del nostro tempo pensare al cibo comechiave di accesso per leggere porzioni di culture altre. In realtàè proprio in questa semplificazione che si nasconde l’insidiadella banalità, dell’ovvietà, di quella che alcuni pedagogistihanno definito come “pedagogia del cuscus”, definizione diorigine francese, ma utilizzata anche in territorio anglosassone riguardo alla facilità con cui viene utilizzato il cibo; con questateoria si mette in discussione la convenzione (e convinzione)secondo cui, mediante questo strumento, sia effettivamentepossibile conoscere le differenze culturali e le modalità ritualiproprie di Paesi diversi rispetto a quello di appartenenza. Ilpericolo vero e reale è quello di scadere nel folclore più superficialee deteriore. A questo punto la domanda che sorge spontaneaè: come si può evitare tutto questo?Un prima maniera potrebbe essere quella di utilizzare, assiemeal linguaggio del cibo, tanti altri linguaggi palesemente diversitra loro: con il cibo abbiamo detto, è come se si assaggiasseletteralmente un’altra cultura, ma questa è un’operazionetroppo facile, poco impegnativa; è molto più compromettente,anche dal punto di vista simbolico, avvicinarsi ad una realtàdiversa dalla propria, utilizzando altre chiavi come possonoessere la musica, il cinema o la letteratura, in modo dacompiere comunque degli assaggi, ma sicuramente piùimpegnativi di quanto non lo sia l’assunzione del cibo,occasione d’incontro senz’altro, ma anche situazione nellaquale si sprecano stereotipi e luoghi comuni. In quella che èstata definita per l’appunto “pedagogia del cuscus”, ritroviamoun atteggiamento statico, con il quale si attribuisce ad undeterminato cibo l’identità di un Paese, come se fosseun’etichetta inamovibile, laddove i cibi sono fluttuanti, siintrecciano, viaggiano, si spostano lungo percorsi reali oimmaginari, compiendo un viaggio che permette di leggere iPaesi toccati, le loro economie, i loro rapporti reciproci.Un’altra via possibile è quella dei detti popolari e di indovinellilocali che contengono tracce di cibo e che sfociano poi in unacomponente ludica e meravigliosa.
Il Progetto

Da questi ragionamenti nasce il tavolo “Mosaico”.Prima di entrare nello specifico con i dettagli delprogetto ci sembra doveroso fare una premessa,ovvero chiarire il punto di partenza delle nostreriflessioni, la domanda fondamentale, quasi esistenzialeche ci siamo posti prima di immergerci nellaprogettazione di un oggetto significante capace dirispondere adeguatamente a ciò che volevamoesprimere con il nostro lavoro: vale la pensa progettarel’ennesimo tavolo? Ce n’è veramente bisogno?La risposta più ovvia sembra essere no, il mercato èsaturo di prodotti, ma l’oggetto tavolo era quelloche più rispondeva alle esigenze nostre e a quelleche abbiamo individuato; prima fra tuttel’importanza del momento della convivialitànell’affermazione dell’identità dell’individuoall’interno di un sistema di più ampio respiro, quindila centralità del concetto di differenza culturale.Dall’analisi dei concetti presentati in precedenzaabbiamo deciso di intraprendere una strada che ciportasse a lavorare su più livelli, strati di una societàsempre più bidimensionale, sempre più piatta,asettica e conformista. Il passo successivo è statoquello di individuare le chiavi di lettura da svilupparearrivando a definirne tre: l’introspezione, l’unione ela condivisione. Questi tre concetti, forse dei possibilivalori da far emergere ci sono sembrati decisamenteadatti a trattare un argomento delicato comeè quello della convivialità nella società contemporaneafatta di unioni virtuali e, anche se può sembrareun paradosso, fortemente visive ma sentimentalmentelacunose. Partendo dall’introspezione quindi,il guardarsi all’interno, introdurre delle riflessioni,cibo per l’anima, momento fondamentale, intimo esacrale se si considera che l’atto del mangiare è unodei pochi che ci consente di entrare fisicamente incontatto con la parte interiore del nostro corpo, diintrodurvi qualcosa di esterno; motivo per cui il farsiimboccare soprattutto con le mani rivela una forteconnotazione erotica. L’unione ha tantissimirapporti con il cibo, dal ri-unirsi attorno ad un tavolocon la famiglia durante le feste, al sacramentodell’eucarestia, com-unione. La condivisione è ilpassaggio conseguente più ovvio, ci si passa il cibodurante un banchetto, lo si condivide con chi ne hameno, ma si condividono anche ricette e gustipersonali.Dal punto di vista tecnico il fine che si è perseguito èstato quello di cercare soluzioni che prevedessero unassemblaggio ad incastro senza utilizzare partimetalliche. L’aspetto finale è variegato sia per lediverse essenze di legno utilizzate che per la strutturasuperficiale.
Introspezione

L’idea che gli spazi che abitiamo nascondano dei segreti e dei luoghi, e che ci siano luoghi più nascosti ancora, ci spinge a cercare nel nostro intimo, quel lembo dove si trova il luogo massimamente celato, la conoscenza. La conoscenza conserva le informazioni che riteniamo importanti per poterne usufruire al momento opportuno, è nascosta all’interno dei nostri pensieri e delle nostre storie personali. Per questo motivo nel progetto “Mosaico” questo livello, quello inferiore, è formato da contenitori che si aggrappano alla struttura. Queste scatole, un pò come se fossero scatole della memoria possono nascondere al loro interno oggetti per noi preziosi o trasformarsi in un occasione di gioco intervenendo sui meccanismi della memoria e della scoperta. La scelta del materiale è ricaduta sul legno di cedro spagnolo, un’essenza molto utilizzata proprio nella costruzione di contenitori. Questa essenza di legno, sebbene non sia un vero e proprio cedro ne porta il nome per via della somiglianza nell’aspetto e nell’odore che risulta molto gradevole ma repellente per gli insetti. I contenitori sono realizzati da tavole di dimensioni 20x20x8cm unite con un incastro a coda di rondine. successivamente vi si incolla il bordino fresato che ne permette l’aggancio alla struttura.
Un contenitore in cui inserire ricordi ed oggetti preziosi, un museo in miniatura da vivere, approfondire ed ampliare.
Unione

Lo spirito d’unione è un atteggiamento primordiale che ha accompagnato ed accompagna la costante evoluzione della società. Ci si univa attorno ad un fuoco e lo si fa ancora, come ci si unisce attorno ad un tavola imbandita, ci si unisce in preghiera con le mani serrate a formare una catena; e ci si unisce in rivolta e nell’atto sessuale. La solitudine è un’utopia meschina e fuorviante, ci illude, ma anche quando pensiamo di essere soli, siamo sempre accompagnati da qualcosa, che siano pensieri o nostalgie, emozioni o respiri. Ne è un esempio Mosè che sul monte Sinai, scrivendo la propria storia, aspettando il segno della divinità era comunque in Sua compagnia. Durante la nostra esistenza saremo sempre accompagnati da altro, idee o persone che siano esse Africane, Asiatiche o Latine poco importa, perchè sono persone che come noi cercano di costruire un proprio progetto di vita, contribuendo al cammino di tutta l’umanità. L’incontro con l’altro è relazione, rapporto, conoscenza reciproca, sinergia e comunione di intenti alle volte, ma è soprattutto occasione di riconoscersi contemporaneamente tutti simili e diversi: simili, in quanto espressione dell’unica matrice ontologica, e diversi, come risposte originali, libere e plurali, frutto di scelte culturali, sociali e religiose. L’educazione alla differenza deve evitare di scadere nel folclore, nell’esotismo, ma aiutare l’approccio alla diversità. in questo senso giochi e fiabe rappresentano un terreno fertile su cui differenze e somiglianze trovano un’interessante collocazione. All’interno del progetto questo concetto, il livello intermedio, è rappresentato da una struttura reciproca a matrice quadrata. Le strutture reciproche sono delle strutture autoportanti costituite da elementi diversi che interagiscono tra di loro sorreggendosi vicendevolmente formando circuiti chiusi. Il modulo base di una struttura reciproca è quello formato da tre elementi disposti a formare un triangolo. Nel caso del nostro progetto, invece, il modulo è formato da quattro elementi lignei, ognuno di una essenza differente per colorazione ed ognuno espressione e simbolo di una delle quattro razze umane predominanti. Il loro intreccio ha quindi un significato intenso e ben preciso, quello di mutuo aiuto e collaborazione nel sostegno del singolo e della società. Le essenze di legno scelte sono quindi di quattro gradazioni: una bianco-chiara (ad esempio Betulla), una giallo-paglia (ad esempio Frassino), una rossiccia (ad esempio Larice) e l’ultima più scura (ad esempio Noce). La struttura si aggancia alla cornice del tavolo attraverso un’unione merlata.
Matrice di base della struttura. I quattro elementi di essenze differenti si incastrano reciprocamente creando un circuito e poi una maglia capace di reggere carichi anche molto considerevoli.
Condivisione

L’ultimo livello, quello più superficiale, è quello della condivisione. Strumento essenziale per accrescere la propria conoscenza, la condivisione parte dal singolo per raggiungere l’altro, parte da una storia personale per intrecciarsi ed insinuarsi in quelle di altri individui, altri popoli, altre epoche. E queste storie possono essere tanto reali quanto fantastiche, raccontare viaggi come quelli del cibo, disegnare nuove vie come lo erano quelle dello zucchero e delle spezie che nel loro itinerante tragitto toccavano culture diverse, si mescolavano e si arricchivano, arricchendo le vite di sogni. Un pò come fanno le fiabe che con il cibo hanno decisamente molto a che fare. Nelle fiabe, infatti, solitamente il cibo rappresenta l’elemento essenziale su cui basarsi per denunciare soprusi, ineguaglianze, ingiustizie. Questo perchè il cibo ha la capacità di impastarsi con significati che hanno a che fare con l’eterno contrasto tra vita e morte, amore ed odio, desiderio e rifiuto. Il rapporto della fiaba con il cibo è costante; non esistono fiabe dove non si parli di cibo, il quale diventa premio, festa o tranello, ma anche prova da superare, incantesimo, il tutto passando per la bocca (un contenitore) luogo di conoscenza, espressione, comunicazione e condivisione. Da qui la ragione per cui abbiamo deciso di regalare alla fiaba la pelle del nostro progetto che, come un tatuaggio ne va ad incidere la superficie per raccontare storie personali o di un intero popolo, fantastiche o reali. Nel caso presentato quindi, abbiamo deciso di rappresentare alcune fiabe che abbiano un forte rapporto con il cibo, ma in realtà il fine ultimo è quello di dare la possibilità a chiunque abbia voglia di condividere una storia di poterlo fare, mediante delle tavole, stumento grazie al quale si tramandano e si memorizzano informazioni e racconti, per l’appunto incise o da incidere, da scambiare o da mostrare.La scelta dello strumento della fiaba è inoltre giustificato dal fatto che essa, parafrasando Battelheim, diventa spunto per un’educazione ai valori, per creare punti di incontro tra diverse culture e situazioni. La fiaba è un genere letterario universale, caratterizzato da una struttura narrativa costante; è humus sociale perchè può essere smontata, modificata e ricostruita, e perchè si presta a numerosi percorsi immaginativi. La sua struttura costante e facilmente riconoscibile risulta rassicurante, familiare, e dà stabilità e sicurezza. Ogni individuo (che si tratti di un bambino, di un ragazzo o di un «grande») ha bisogno della sua fiaba, quella che inconsapevolmente lo rassicura, lo fa crescere (e non si finisce mai di farlo), lo aiuta ad affrontare i nodi cruciali dell’esistenza, gli infonde una fiducia che gli trasmette la certezza di potersela cavare in qualsiasi situazione, e gli offre un maggior controllo sulle pulsioni interiori e sugli eventi esterni. Attraverso le fiabe possiamo scoprire le caratteristiche che connotano un gruppo, un Paese, un modo di vivere entrando, grazie alla magia della parola narrata nella vita quotidiana di un villaggio, di un popolo o di una terra da noi lontani geograficamente e temporalmente.La fiaba è poi fonte di piacere, come il cibo e come l’attività ludica, importante per tutte le età. Scoprire e riscoprire insieme le fiabe proprie ed altrui, vicine e lontane, diventa allora un gioco, ma anche uno strumento di confronto fra tradizioni culturali, mondi e popoli differenti. Proporre fiabe dei diversi Paesi non significa però usarle solamente quali strumenti per imparare, attraverso il tema del cibo, le diverse abitudini, i luoghi e le tradizioni, ma piuttosto diventa un atto di immersione nel mondo fantastico che domina l’interiorità dell’essere, lasciandolo agire con le proprie forze di incantamento e di meraviglia, che acquisteranno ancora più forza perchè originate da differenti esperienze umane e culturali, si confronteranno tra loro alimentandosi a vicenda.A questo livello il progetto, come accennato in precedenza, è formato da elementi diversi e frammentati, un insieme sfaccettato di pelli e culture diverse in cui sono impressi i dettagli delle storie, ma che svelano il proprio disegno solo se considerate nel loro insieme, un mosaico variegato, apparentemente disordinato, ma in realtà simmetrico ed equilibrato.Per quanto riguarda la scelta delle essenze da utilizzare per le tavole ci siamo concentrati su tutti quei legni facili da lavorare, adatti all’intaglio, dall’aspetto superficiale interessante e capaci di creare, messi in relazione tra di loro, cromatismi gradevoli (tra gli altri abbiamo considerato il butternut, il noce nero, il toulipier, il ciliegio nero, il pino pece e l’ippocastano).Per quanto riguarda l’iconografia rappresentata abbiamo fornito un possibile esempio che ovviamente può essere cambiato, stravolto o reinventato da chiunque abbia voglia di condividere la propria storia, la propria fiaba. In particolare abbiamo immaginato due possibili scenari: il primo consiste nella creazione di tavole che raccontino una storia precisa, che seguano un filone, e quindi fornite tutte assieme all’utilizzatore; l’altra possibilità è quella, da parte del fruitore, di poter acquistare le tavole vuote per poter incidere lui stesso (possedendo le necessarie competenze) o commissionare quei frammenti di ciò che si vuole raccontare. Il fine ultimo è quello di seminare spunti di riflessione sugli argomenti trattati ed educare alla condivisione durante il rituale della convivialità. In particolare l’idea è quella di andare ad agire sui comportamenti come può essere quello di portare con sè del cibo (o delle bevande) quando si riceve un invito. In maniera anche provocatoria abbiamo invece immaginato la possibilità di accompagnarsi ad un pezzo della propria storia da poter scambiare con quella di chi ci ospita creando così un intreccio di racconti ed esperienze che costituiranno un itinerario di viaggio, un percorso geografico e culturale segnato dal passaggio fisico che ogni pezzo del mosaico compirà nel corso del tempo.
La possibilità di incidere le tavole personalmente o scegliere quelle già incise consente ulteriori livelli di personalizzazione e di condivisione di storie personali
Piet Mondrian, Composition with gray and light brown 1. 1918. Olio su tela. cm. 80X50. Museum of Fine Arts, Huston
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Progetto per il concorso "Il Mobile Significante 2012" indetto dalla fondazione Aldo Morelato (VR)

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